Il sito italiano sulle sculacciate.

Archivio del forum storico.

Spanking Fiction quarta parte

Avviato da iggy78 il 27/07/2007 alle 17:27

Spanking Fiction quarta parte

iggy78 (12 post, compleanno non disponibile)

Ringrazio i lettori e sono felice che la saga piaccia. Questo episodio potrebbe risultare un pò più duro perchè è mia intenzione toccare più o meno tutti i temi dello spanking.

SPANKOM

EPISODIO 4

IL PROF RIPETENTE
TERZA PARTE


C’è un gioco in internet che presenta una serie di foto, alcuni sono dettagli di parti intime femminili, altri particolari di tagli di carne dal filetto al muscolo.
La bravura sta nel distinguerli e non è sempre facile come potrebbe sembrare. La prima vista può ingannare.
Ho visto più di un ragazzo confondere un sottofiletto con una vagina. E non solo dei dilettanti della passera ma anche quelli che il chiodo ce l ‘hanno più fisso di altri in testa.
Jenkins invece davanti al computer non sbagliava un colpo e alla fine totalizzò il massimo del punteggio. Io sbiancai. La mia scommessa era andata male. Ero convinta che non ce l’avrebbe fatta e così gli avevo detto che il numero di punti che avrebbe totalizzato sarebbe stato anche quello dei colpi di cane, sul sedere nudo, che avrebbe potuto infliggermi. Si alzò in piedi e andò verso la bacchetta. Ne aveva comprata una in un sexy shop. Non era affatto di materiale leggero e quando la faceva vibrare nell’aria questa fischiava in modo alquanto sinistro.
Mi guardò e poi con le dita mi fece segno di prepararmi. Era l’ultima lezione e invece di pochi colpi ne avrei ricevuti una trentina. Gli chiesi mentre spostavo la sedia al centro della stanza come ero solita fare prima dei castighi
-Preferirei che non usassi solo il cane…trenta con quel coso maledetto sono un enormità…facciamo che dieci me li dai con qualcos’altro e dieci con la mano o con la spazzola…così ripassiamo anche le lezioni precedenti.
Jenkins era bravo ad alzare la posta in gioco.
-Va bene però tu non ti abbasserai solo leggermente le mutandine. Te le toglierai del tutto. Non dovevi farmi vedere tutta quella carne…adesso ho una gran voglia di vedere la tua…-
Annuii e davanti alla sedia come una spogliarellista mediocre portai la mano alla zip della gonna. Scivolò in terra seguita dallo sguardo puntuto di Jenkins. Mi voltai. La stripper brava sa impreziosire l’attesa, io non avevo molta voglia di mostrargli il sedere e il resto ma ormai era troppo tardi.
Dovevo trovare un altro giochetto in rete, molto più difficile come lo strip bowling.
Feci scendere le mutandine a gradi tenendo le gambe allineate e strette. La porta del mio sesso per ora se ne stava chiusa. Mi piegai leggermente alzando il mappamondo e mi sfilai le mutandine. Le gettai sulla gonna. Appoggiai le mani sullo schienale della sedia, piegai il busto, la camicetta si sollevò scoprendo un po’ di schiena. Le gambe sempre chiuse.
Jenkins non era d’accordo.
-Aprile…voglio che allinei i piedi con le gambe della sedia.
Trangugiai amaramente mentre i miei piedi seguivano l’oscena disposizione. Lentamente le gambe si aprirono e si sollevò così il sipario sul palco di carne fresca e rosata tra le mie cosce. La passera fremeva un po’ per l’eccitazione, un po’ per il presagio del dolore. Lui se la godette per un minuto buono.
-La tua non si può certo scambiare per un taglio da macellaio.
Disse misurando le parole. Poi alzò il cane. Io chiusi gli occhi nel momento in cui il sibilo nell’aria annunciò il primo colpo. Il cane si abbattè orizzontale al sedere segnando entrambe le natiche. Un ponte rosso tra le due parti. La prima di una decina di strisce dolorose.
Jenkins coprì ogni parte con scrupolo matematico attento al fatto che le striature non si sovrapponessero. Ottenne così un ordito magistrale da dieci e lode. Io ansimavo e sentivo fitte terribili al sedere. E pensare che ero solo ad un terzo del martirio. Jenkins, data la posizione e la nudità offerta dalla vita in giù, non poteva perdersi il mio clitoride che era esaltato da tutto quel dolore, e mostrava baldanzoso la cresta. Jenkins tradì una sua debolezza.
-Vorrei tanto avere una frusta per colpirti tra le gambe…secondo me sei sul punto di venire qui direttamente sul tappeto del mio salotto.
Era un augurio ma io non cedetti. A dire il vero, clitoride a parte, la sofferenza era così acuta da rintuzzare ogni piacere anzi da scaraventarlo via.
Jenkins.
-Vuoi fare una piccola pausa, poi riprendiamo con la cinghia. Ne ho trovata una, rovistando negli armadi, che dovrebbe fare al caso nostro.
Mi girai conscia della mia nudità ma troppo scossa per reagire e coprirmi. Rimasi lì, passera depilata al vento, mentre Jenkins spariva al piano di sopra e da lì tornava con una signora cinta. Cuoio spessissimo. Al tatto, anche solo passandola sul palmo delle mani, faceva paura.
Mi rimisi in posizione chiedendogli la cortesia di non colpirmi troppo forte. Il sedere era già un campo di battaglia. Non avrebbe retto un altro assalto.
Lui mi venne incontro.
-Se vuoi che risparmi il tuo culetto striato…mostrami le tettine…la cinta sembra fatta apposta per loro.
Un voto in più per i dialoghi da sadico e le frasette da terrorismo psicologico. Mi raddrizzai e senza indugiare oltre aprii, un bottone dopo l’altro, la camicetta. Mi voltai e me la tolsi. C’era il reggiseno bianco, poco imbottito. Un modello sportivo.
-Posso tenerlo? –
Jenkins fu tollerante anche perché la posizione frontale gli permetteva di eccitarsi con la mia passera nuda.
Si mise di lato e saggiò la cinta sul palmo. Poi ci fu il primo colpo di questa seconda serie. Prima di allora ero stata frustata sulle tette solo leggermente da mio padre con un frustino. Niente di paragonabile al botto che la cinta fece contro i miei capezzoli. Un dolore da perdere i sensi.
Chiusi gli occhi e sperai che tutto passasse in fretta. Non lo fece e dopo la cinghia concluse il tutto con una sculacciata sulle ginocchia che non aveva tanto lo scopo di rendere ancor più infernale il sedere striato ma quello di mettere le dita tra le mie gambe, di farle scorrere tra le labbra in cerca dei miei umori nascosti. Quello visibile era nero più della pece.

Circa una settimana dopo…

Mi sentivo come un attrice alla prima di uno spettacolo. Tremavo. In sette giorni dei segni dell’ultima lezione non era rimasto molto. Incredibile. Pensai che faceva tutto parte del mio potere, del beffardo destino che mi permetteva di rimettermi in sesto subito dopo qualsiasi castigo pronta quindi a ricevere il successivo, in una catena di colpe e punizioni che sarebbe durata all’infinito.
All’entrata in classe guardai le mie compagne. C’era Marica la capitana delle cheerleaders, volevo entrare nel suo gruppo ma non era facile suscitare il suo interesse. Avevo anche fatto una cassetta con le mie mosse ma non avevo mai avuto il coraggio di dargliela. La mia classe non era numerosa e per fortuna c’erano pochi maschi e tutti secchioni all’ultimo stadio.
Non andai al banco. Gettai la cartella ai piedi della sedia e poi mi diressi alla lavagna. Annette era la vice di Marica. A vederle mi ricordava la canzoncina di un cartone animato con ragazzine e caprette. Se ne stava seduta sul banco con le gambe a penzoloni, lunghe sinuose e magre. Io la ignorai e presi un gesso. Cominciai a tracciare delle linee sulla lavagna. Coprivo il mio disegno così nessuno dai banchi riusciva ad intuire cosa facessi. Mancavano cinque minuti all’inizio della lezione. Jenkins era puntuale e immaginai che quel giorno lo sarebbe stato ancora di più.
James era il secchione più normale. Non portava occhiali ma lenti a contatto. Non vestiva come un fan di Star Trek. Si avvicinò a me chiedendomi cosa stessi facendo.
Mi voltai, coprendo il disegno.
-E’ una sorpresa per Jenkins. Vedrete la adorerà – Sorrisi anche se non ne avevo voglia. Tornai al mio lavoro. Fui però interrotta dalla voce di Jenkins. Tutti nella classe si accorsero che era cambiata. Si misero ai loro posti con una velocità incredibile. Tutti buoni lì. A fissare Jenkins che arrivava alle mie spalle.
-Erica cosa diavolo stai facendo. Non pensavo che fossi così ansiosa di andare alla lavagna.
Mi afferrò per un braccio e mi spostò. Davanti agli occhi di tutti, sulla superficie nera della lavagna comparve l’immagine rozza, tipo gioco dell’impiccato, di un uomo con un uccello piccolissimo che spuntava tra le due linee nere che aveva al posto delle gambe. Dissi cercando di essere baldanzosa.
-Ha visto ho imparato la lezione sulle proporzioni. A quanto ho sentito da alcune sue colleghe il mio disegno…che se non l’ha capito la rappresenta, è in scala naturale.
Jenkins diventò una furia verso la classe che era atterrita da quello scoppio d’ira. A me fece l’occhiolino dopo mi disse.
-Basta così…cancella quell’obrobrio e poi prendi una sedia, portala qui, davanti a tutti. La lezione di oggi non la dimenticherete più. Ve lo posso assicurare.
Ubbidii. Presi la sedia e seguii le sue disposizioni. Battè la mano sullo schienale.
-Metti le mani qui, e tieni stretta la sbarra, piegati rivolgendo il sedere alla classe.
Dovevo mostrare un po’ di ribellione. Gli altri non fiatavano, non dicevano nulla.
-Cosa vuol fare, è un sopruso, il mio era uno scherzo innocente.
Jenkins si tolse la giacca mostrando la lunga verga.
-Voi studenti non avete nulla di innocente. Ma come diceva la bibbia per raddrizzare il bambino ci vuole il bastone. Niente più note, da oggi in questa classe si torna all’antica, ai modi educativi di una volta. I migliori. Forza alzati la gonna e abbassati le mutandine…anzi toglitele del tutto.
Non erano questi gli accordi. Doveva iniziare sui vestiti. Jenkins era uscito di testa. Entrato troppo nella parte. Frustò l’aria con la verga.
-Fallo. Subito.
Ubbidii e mentre lo facevo sentii trasalire i ragazzi che cercavano di avanzare di fila per vedere meglio. Ero lì a completa disposizione, passera nuda per sguardi ginecologici.
Io in classe senza mutandine, con le gambe aperte. Le labbra spalancate dalla posizione. Le terga rigide in attesa.
Il primo colpo mi fece mugolare. La classe trattenne con me il respiro fino al secondo. Non vedevo le loro reazioni, sentivo solo movimenti e poi qualche commento sfuggito alle labbra delle mie amiche o ai secchioni.
Il terzo fu un’epifania vera e propria. Scarica di adrenalina e dolore. Jenkins era migliorato dall’ultima volta e lì era stato pressoché perfetto.
Stava alzando il cane per il quarto colpo quando la porta della classe si aprì. A sorpresa sulla soglia c’era il preside. Aveva delle carte sotto il braccio. Il mio sedere spalancato gli fecero perdere la presa. Si sparpagliarono per terra.
Urlò.
-Professor Jenkins…è impazzito. Metta giù quel bastone…-
Jenkins mi guardò, io non potevo certo dire che era tutto organizzato. Jenkins si girò verso il preside.
-Non si preoccupi preside. Queste sono le mie dimissioni segnate sulla pelle di questa indisciplinata. Questa scuola permissiva che tratta gli insegnanti come colpevoli…solo perché vogliono educare dei ragazzi, non fa più per me. Io mi licenzio. E non dica niente…-
Jenkins riprese la giacca e uscì.
Io mi sentivo in colpa. Il preside venne da me per aiutarmi a coprirmi e intanto guardare ancora le mie grazie. Lo feci e prima di raggiungere i banchi ebbi una seconda sorpresa. Avevo le mani sul sedere dolorante. Marica mi bloccò. Il preside ci stava parlando chiedendoci di tacere la cosa, di non creare scandalo. Diceva che Jenkins era un uomo malato che avrebbe fatto di tutto per aiutarlo a curarsi. Io sapevo che era invece un uomo guarito. Tornando a Marica, certe volte tendo a disperdermi, lei mi guardò e mi disse.
-Vediamoci dopo la scuola. Ho visto la tua performance…hai un fisico impressionante…potrei chiederti di entrare nel mio gruppo.
A corollario di quelle parole, Annette mi sorrise e così vece Katia la Valkiria che era la seconda vice della squadra.
Tornai a sedermi con il bla bla del preside nelle orecchie.

FINE E ALLA PROSSIMA PUNTATA.

Inviato il 27/07/2007 alle 17:27

Chi eravamo

Nel lontano 2003, quasi 2004 (semicit.), su un forum ospitato da Forumfree, iniziò a formarsi e a svilupparsi il nucleo di una comunità di amanti del genere spanking. Tra alterne vicissitudini, quella comunità crebbe, si trasferì su questo sito e divenne in breve tempo il punto di riferimento in Italia.

Il forum arrivò ad avere decine di sezioni, alcune riservate alle spankee, con esperienze, dibattiti e racconti. Parallelamente vi era una chat IRC, nella quale faceva gli onori di casa (e a volte elargiva sculaccioni) l'indimenticato bot Orbilio.

Erano gli anni dei primi incontri dal vivo, a Milano e a Bologna, tra alcuni dei partecipanti più assidui.

Poi, come per ogni cosa bella, arrivò più o meno lentamente il declino e la fine. Le tecnologie cambiavano rapidamente, i forum lasciavano il posto ai social network, che portarono, col vento della novità, alla grande e inesorabile dispersione di persone, idee e passioni.

Il nostro forum, il nostro amato forum, ormai non più aggiornato (ma ancora molto visitato), cadde vittima di un grave problema tecnico che lo portò, per sempre, offline. Fortunatamente è sopravvissuto il backup del database, con tutti i contenuti intatti, ma la versione pesantemente personalizzata di phpBB non è recuperabile, a meno di sforzi immani. Ma se anche si potesse ripristinare, sarebbe talemnte obsoleto e pieno di problematiche di sicurezza che non potrebbe sopravvivere online più di qualche minuto.

Per ridare vita almeno al prezioso materiale raccolto in tanti anni è nato il museo, versione statica e ridotta del forum. Sono ovviamente rimaste escluse le sezioni private e di servizio del forum, non essendo per il momento possibile ripristinare un controllo degli accessi.

Luca